pizzeria le piramidi Milano

Sono loro. Sono le persone che hanno cucinato per te, quelle che ti hanno portato il cibo a tavola, sono i luoghi in cui hai pranzato con i colleghi e con gli amici. Sono gli imprenditori che hanno scommesso sulla presenza in città di lavoratori e studenti, oltre che di turisti, che hanno basato le loro vite su quello che prima era un concetto normale: l’uscire di casa per andare a lavoro o all’università.

Credo che ci siano sicuramente tanti benefici nel lavoro a distanza, dalla vita privata e all’ambiente, ma in questo momento così tragico per la nostra società non possiamo permetterci di semplificare quello che in realtà è un problema complesso. Lo smart working ha un costo sociale? Sì, eccome. Uno di questi è la crisi della ristorazione. Se la situazione attuale diventasse la normalità, con gran parte dei lavoratori a lavorare da casa, tantissime attività commerciali non avrebbero più senso di esistere. 

La più grande difficoltà è stata trovare ristoranti aperti

La più grande difficoltà che ho riscontrato per dare vita a questo progetto fotografico, è stata quella di trovare ristoranti aperti. Parlando con Giuseppe, il titolare di una caffetteria a Isola, ho perso il conto delle attività della sua zona che non avrebbero riaperto più per vari motivi come l’assenza di persone in giro, gli aiuti non ancora arrivati, le condizioni di sicurezza e gli affitti alti che rendono insostenibili i costi… Centinaia di imprese e posti di lavoro cancellati, centinaia che con questo andazzo potrebbero non farcela: in moltissime aziende prima di settembre non se ne parla di tornare in ufficio, in tanti casi anche oltre. D’altronde, se lavori da casa costi meno.

Milano è una città con un’offerta di locali basata sulla domanda di migliaia di lavoratori, eventi, turisti, studenti, che adesso si ritrova come quei paesini del Sud in cui l’ultimo pub rimasto chiude perché i giovani sono emigrati tutti. I milanesi rimangono a casa, ma l’effetto è lo stesso. A molti non basterà che tornino i turisti in città, soprattutto a chi si rivolgeva a lavoratori e studenti, e non bastano nemmeno le applicazioni di consegna a domicilio, che con le loro commissioni del 30% riducono fortemente quello che rimane in tasca al locale in un momento come questo.

C’è chi è tornato a lavare i piatti

Molti di loro mi dicono di aver riaperto per fare vedere che sono ancora vivi, anche se lavorano meno di un decimo di prima e sono in perdita. C’è chi è tornato a lavare le stoviglie perché non si poteva più permettere il lavapiatti, chi fa disperatamente pubblicità su facebook nei dintorni del locale per fare sapere di essere aperto, chi mi racconta che il locale, fondato dalla nonna nel 1935, non ha visto una crisi del genere nemmeno durante la guerra.

Se abbiamo corso grandi rischi per la salute pubblica a causa della pandemia, il grande virus che dobbiamo combattere adesso è l’emarginazione economica e sociale di chi non si è ripreso e dovrà aspettare ancora per riprendersi. Perché anche se a casa ci sembra andare tutto bene quando arriva lo stipendio, non dobbiamo dimenticarci dei volti che facevano parte delle nostre pause pranzo e che rischiamo, al ritorno in ufficio, non ci siano più.

*in copertina: Pizzeria le Piramidi

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